giovedì 30 maggio 2013

Cos'è la FILOSOFIA?





La filosofia è la continua ricerca di una risposta alla domanda: cos'è?


SOCRATE

Nato ad Atene nel  470-469 a.C. e condannato a morte nel 399 a.C. (ad Atene), è stato uno dei più importanti esponenti della tradizione filosofica occidentale.
  • Filosofo che sà di non sapere
  • Crede nel dialogo come mezzo di ricerca per raggiungere il suo obbiettivo: far interpretare all'interlocutore la ricerca della verità
Il dialogo di Socrate con il suo interlocutore si divide in due fasi:
  1. IRONIA (dal greco "finzione")
  2. MAIEUTICA (dal greco "arte di far partorire")
L'ironia è la fase in cui Socrate finge di non sapere e investe l'interlocutore di domande per condurlo a riconoscere la sua ignoranza. L'interlocutore si libera dalla presunzione di sapere, quindi diviene consapevole di non sapere e inizia a ricercare la verità.

La maieutica è la fase successiva, in cui l'interlocutore si trova nelle condizioni di partorire la verità che tanto ha ricercato e scopre che essa si nasconde dentro di lui. Socrate ha il compito di aiutarlo a scoprire questa verità.



PLATONE

 Nacque e morì ad Atene 428 a.C. - 347a.C. Fu allievo di Socrate per quasi dieci anni. Filosofo molto importante, in quanto conosciamo il pensiero di Socrate grazie alle sue numerose opere, tra cui il Simposio e la Repubblica e Fedro. Fondò l'Accademia: fu organizzata sul modello delle comunità pitagoriche.




Platone elabora la tesi che esiste un mondo costituito interamente da idee, l’iperuranio, che si trova oltre il cielo. Ogni cosa sulla Terra non è altro che una copia di un idea. Esistono diversi tipi di idee: forme e modelli universali delle cose, idee-valori (corrispondenti alle virtù) e le idee matematiche.
  • Mimesi le cose sono copie dell’idea di cose (i tavoli sono copie dell’idea di tavolo, ecc.), imitazione
  • Metessi qualità dell’esistente come partecipazione delle idee corrispondenti, partecipazione, (idee-valori)
  • Parusia si manifesta nelle cose (è visibile), presenza dell’idea di bellezza


Nella Repubblica, scritta da Platone, si affronta il tema del rapporto tra uomo, virtù e Stato. Secondo Platone, lo Stato dovrebbe essere governato da filosofi perché sono gli unici che conoscono il bene: loro riescono a vedere il sole (citazione dal Mito della caverna)



MITO DELLA CAVERNA


Il mito della caverna è la metafora della missione del filosofo. È un dialogo inserito nella Repubblica, esprime il desiderio di Platone di creare una società giusta che educhi i cittadini alla ricerca della virtù.

IL MITO. Tre uomini legati e costretti a vivere in una grotta dalla nascita. La caverna è un luogo buio e angusto, illuminato solamente da una fiamma che arde dietro un muro alle loro spalle. Sopra questo muro degli schiavi portano e muovono oggetti e statue, di modo che, sulla parete della grotta che i tre uomini vedono, si proiettino delle immagini distorte della realtà (spaventose ed enormi). Gli uomini per tutta la vita credono che quelle ombre siano la realtà e non riescono ad immaginare un sole che sia più luminoso e più giusto del loro fuoco.
Quando finalmente uno degli uomini riesce a liberarsi e ad uscire dalla caverna, in principio rimane quasi accecato dall’intensa luce. Si trova nei pressi di un lago, perciò inizia a distinguere gli oggetti che lo circondano (elementi naturali: alberi, fiori e arbusti) attraverso il riflesso nell’acqua, poi guardandoli direttamente. Infine, con lo stesso procedimento, guarda il sole.
A questo punto inizia la missione del filosofo: tornare nella grotta per liberare e poi far conoscere ai suoi compagni la virtù e il bene, che sono unicamente al di fuori della caverna. Ma tornare nella caverna è rischioso, i suoi occhi non sono più abituati all’assenza di luce. A fatica raggiunge i prigionieri, che lo deridono e non fidandosi più di lui, non lo seguono all’esterno. Se il filosofo sciogliesse i nodi delle catene che li tengono legati, probabilmente loro lo ucciderebbero. Come è successo a Socrate: “lo Stato ha condannato l’unico uomo giusto”.



MITO DI ER


Il mito di Er tratta il tema dell’immortalità dell’anima e la metempsicosi (ovvero l’intervallo di tempo tra due incarnazioni in cui l’anima conosce le idee). È narrato nel libro X della Repubblica ed è un celebre mito ‹‹escatologico››, cioè relativo al destino dell’anima dopo la morte terrena.

IL MITO. Un soldato, di nome Er, muore e compie il suo viaggio nell’aldilà. Per tre giorni rimane morto, poi il quarto giorno si risveglia e racconta cosa ha visto. Le anime erano tutte ammucchiate in una vallata e sia nel suolo che nel cielo c’erano due grandi aperture. Le aperture nel suolo conducevano all’inferno. Qui entravano le anime che dovevano essere purificate dalle colpe commesse in vita. Dopo aver espiato le proprie colpe uscivano e si reincarnavano in altri corpi. Solo pochissime anime, quelle più corrotte, che non erano degne di avere un corpo, venivano condannate a patire le pene dell’inferno in eterno.
Le due aperture nel cielo conducevano al paradiso. Qui le anime dei giusti ricevevano il premio per le loro virtù. Poi anche queste anime uscivano e si reincarnavano. Le rare anime che rimanevano in paradiso, avevano raggiunto un grado di purificazione altissimo.
Platone descrive il destino dell’anima come un ciclo di reincarnazioni, che si ripete in eterno: la metempsicosi. Ci sono rare eccezioni che si possono paragonare al concetto di inferno e paradiso della religione cristiana, questi sono infatti una condizione stabile e permanente, definita.


IL MITO DEL CARRO ALATO


Il mito del carro alato viene utilizzato da Platone, nel Fedro, per spiegare la tesi della reminescenza: l’anamnesi, ovvero il processo attraverso il quale si ricordano le idee.

IL MITO. L’anima è paragonata ad un carro alato ed è tripartita, guidato da un auriga (la razionalità) e trainato da due cavalli: uno bianco (passioni disinteressate, quindi l’anima irascibile) e uno nero (passioni più carnali, quindi l’anima concupiscibile). Dopo la separazione del corpo dall’anima, dopo la morte, il carro sale verso il cielo, vola verso l’iperuranio (il mondo delle idee). I due cavalli, però, desiderano soddisfare le passioni (soprattutto quello nero), e per fare questo necessitano di un corpo, perciò trainano il carro verso il basso. L’auriga vorrebbe raggiungere l’iperuranio per restare a contemplare le idee. Inizia così una sorta di lotta tra i cavalli e l’auriga, alla fine vince il più forte.